È più facile frantumare un atomo che un pregiudizio. – di Ignazio Marino

Roma (NEV), 10 novembre 2025 – Due lustri. È questo il tempo trascorso dall’inaugurazione a Roma della nuova “Piazza Martin Lutero” a Colle Oppio, di fronte al Colosseo, nel cuore della città storica. All’appuntamento mi presentai con la fascia da sindaco. Più di 500 anni prima della cerimonia di intitolazione, il padre della riforma protestante, attraversò […]

Roma (NEV), 10 novembre 2025 – Due lustri. È questo il tempo trascorso dall’inaugurazione a Roma della nuova “Piazza Martin Lutero” a Colle Oppio, di fronte al Colosseo, nel cuore della città storica. All’appuntamento mi presentai con la fascia da sindaco. Più di 500 anni prima della cerimonia di intitolazione, il padre della riforma protestante, attraversò la Porta di Piazza del Popolo, insieme ad altri pellegrini in visita alla Città Santa. Ed è proprio lì, nella piazzetta tra piazza del Popolo e la Porta del Popolo, che avrei voluto intitolare la strada al teologo tedesco. Non fu possibile. L’iter amministrativo si rivelò più complesso della normale procedura. Ad appesantirne il corso furono anche le feroci polemiche politiche che accompagnarono questa decisione. Si tenga presente che la richiesta della Chiesa Evangelica Luterana era ben precedente al mio insediamento in Campidoglio. Infatti, la domanda fu protocollata sei anni prima dell’evento, in coincidenza con il V Centenario della venuta a Roma di Lutero. Ma non ci furono solo ostacoli politici. Parlai più volte con Papa Francesco. Egli si dimostrò contrario alla mia idea di dedicare a Martin Lutero lo spazio attiguo a piazza del Popolo per l’esistenza dell’ingresso della Basilica di Santa Maria del Popolo che appartiene agli Agostiniani e Martin Lutero era un Agostiniano. Di conseguenza, secondo Papa Francesco, intitolargli quello spazio sarebbe potuto apparire come una provocazione. Allora la scelta cadde sul Colle Oppio. Questa decisione ha voluto evidenziare il rapporto fortissimo, molto intenso e alla base del suo essere cristiano, tra il grande riformatore e Roma. Si narra che Lutero fosse profondamente ammirato della Roma cristiana, a dispetto delle indubbie degenerazioni di quel periodo.

A distanza di dieci anni sono sempre più convinto di aver preso una decisione giusta nell’intitolare uno spazio di Roma a Martin Lutero. A soccorso di questo mio pensiero, rimane fermo in me l’insegnamento del Cardinale Carlo Maria Martini che esortava “pro veritate adversa diligere” ed io ho sempre ritenuto di dover fare la cosa giusta e non quella più conveniente, anche dal punto di vista politico. Di “provocazione” parlarono anche le forze e i partiti che ieri erano all’opposizione e oggi governano il nostro Paese. “Solo con Marino alla guida del Campidoglio accade che una Capitale che a breve celebrerà l’anno Santo indetto da Papa Francesco si appresti a intitolare una piazza a Martin Lutero”. Così dissero. Eppure, il teologo tedesco riconosceva la Santità di Roma. “Ti saluto, Roma Santa”, esclamò entrando nella città eterna.

È più facile frantumare un atomo che un pregiudizio, diceva Einstein. Noi abbiamo frantumato dei pregiudizi. Roma è senza dubbio il centro della cristianità. Lo è da 2000 anni. Lo sarà in eterno. Ma Roma è anche una città che accoglie, che rispetta la cultura, le religioni e che dovrebbe ambire a costruire un mondo migliore. Questo lo si può fare solo se si superano le barriere, gli steccati e i pregiudizi. Lo sapeva bene anche un grande sindaco, che ha governato prima di me, Ernesto Nathan. Il precedente e forse unico tributo a Roma alla comunità protestante arrivò proprio da lui, con la concessione del terreno per la costruzione della Chiesa Valdese a Piazza Cavour. Intitolare una piazza a Martin Lutero ha voluto anche sottolineare l’importanza di ciò che unisce le nostre comunità religiose. Penso in particolare alla centralità della persona. Spesso invece derubricata a numero nella nostra società. È questo il messaggio che ci arriva dalla questione epocale delle migrazioni. Quello delle migrazioni è un tema che ci coinvolge, ad ogni livello, come cittadini, come credenti, come persone impegnate. La lotta tra numeri e persone deve vederci schierati con le seconde. La considerazione per gli ultimi, per gli esclusi, per chi è costretto a vivere ai margini: questo è il nostro faro e la nostra missione. Ce l’ha ricordato anche Lutero. Poco dopo la sua morte fu ritrovato un biglietto, da lui scritto pochi giorni prima, che conteneva quello che è considerato il suo testamento spirituale. Il tutto riassunto in una frase: “Wir sind Bettler. Das ist wahr“. Cioè: “Siamo mendicanti. Questo è vero”.

Ignazio R. Marino
Professore Emerito di Chirurgia, Thomas Jefferson University
Membro, Parlamento europeo

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