Luchetta, Ota, D’angelo, Hrovatin. Per non dimenticare…

Dal 21 al 23 novembre il giornalismo d’inchiesta torna protagonista sul palco del Teatro Miela a Trieste con un programma di incontri e tavole rotonde per dibattere di violazioni di diritti e emergenze sociali.

Luchetta, Ota, D’angelo, Hrovatin. Per non dimenticare…

13 Novembre 2025

by Redazione

Dal 21 al 23 novembre a Trieste le Giornate del Premio giornalistico

Dal 21 al 23 novembre il giornalismo d’inchiesta torna protagonista sul palco del Teatro Miela a Trieste con un programma di incontri e tavole rotonde per dibattere di violazioni di diritti e emergenze sociali. 

Le Giornate del Premio Luchetta saranno anticipate da un intenso cartellone di iniziativi, incontri con autori, spettacoli, mostre e commemorazioni in linea con le tematiche affrontate e l’attualità più stringente, in collaborazione con una fitta rete di festival e associazioni. 

«Le Giornate del Premio – ricordano i promotori – cadono nella settimana in cui ricorre la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20 novembre), che ricorda l’approvazione, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, della Convenzione sui diritti dell’infanzia, con la quale per la prima volta, nel 1989, i bambini, le bambine e gli e le adolescenti sono stati riconosciuti come titolari di diritti civili, sociali, politici ed economici. Una scelta – si legge ancora – che ribadisce l’instancabile impegno della Fondazione nel diffondere i principi che la animano e nel promuovere il Premio in memoria dei giornalisti trucidati a Mostar Est nel gennaio del 1994 e a Mogadiscio nel marzo dello stesso anno.

Venerdì 21 novembre al Teatro Miela si inaugura la 22ª edizione del Premio. L’appuntamento è alle 17,30 con Daniela Schifani Corfini Luchetta, presidente della Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin, e Fabiana Martini, segretaria della giuria del Premio, per i saluti di apertura e la presentazione di Bambini senza nome, lo speciale prodotto dalla Rai dedicato al giornalismo sul campo.

A seguire, la consegna del Premio speciale della Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin 2025 a Francesca Albanese, premiata — recita la motivazione —: «Per aver da subito denunciato che quanto stava accadendo a Gaza e in Cisgiordania si configurava come un crimine di genocidio, come è stato confermato dalla Commissione speciale dell’Onu il 16 settembre 2025, opera che le ha procurato un isolamento intimidatorio […]».

La consegna del Premio avverrà nel corso dell’incontro intitolato Il diritto alla Vita dei bambini e delle bambine palestinesi, dedicato al tema delle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale, che vedrà protagonista, oltre ad Albanese, Paolo De Stefani, docente di diritto internazionale dei diritti umani all’Università di Padova. Il dibattito sarà moderato da Duccio Facchini, direttore di Altraeconomia.

La prima giornata si concluderà con lo spettacolo a ingresso libero Odissea minore, progetto di e con Nicola Chio, Christian Elia e Miriam Selima Fieno, che fonde teatro, giornalismo narrativo e cinema documentario, impegnandosi in una ricerca sul campo lungo la Rotta balcanica per conoscere da vicino la realtà aspra delle frontiere europee diventate il luogo di infanzia di migliaia di bambine e bambini in fuga con i loro genitori. 

Sabato 22 si annuncia come una giornata ricca di testimonianze e approfondimenti con alcuni dei vincitori delle sette categorie del premio. 

Si inizia alle 11 con Il sistema di violenza della Rotta balcanica, dibattito moderato da Gianfranco Schiavone, presidente di Ics-Consorzio italiano di solidarietà, con Alessia Candito (La Repubblica), vincitrice nella categoria Rotta balcanica con I fantasmi della Rotta balcanica, le finaliste nella stessa categoria Anna Piuzzi (La Vita Cattolica) con I morti senza nome lungo la Rotta balcanica, e Anna Vitaliani (Rai Tgr-Friuli Venezia Giulia con Renato Orso) con Tra speranza e paura, e Roberta Altin dell’Università degli Studi di Trieste.

Alle 15.30 la tavola rotonda dal titolo Sfruttamento e nuove schiavitù tra economie predatorie e cambiamenti climatici darà avvio al programma pomeridiano. Sul palco del Teatro Miela saliranno Marina Sapia (In mezz’ora, Rai 3), vincitrice nella categoria TV News con Mani nude, Gianluca Diana (Rsi Rete due), vincitore nella categoria Radiofonia con Africana Soap, i bambini della soda, Tom Parry (Al Jazeera), finalista nella categoria Stampa internazionale con In Kenya, girls are sold into marriage to stave off starvation from draught. L’incontro sarà moderato dal giornalista Enzo Nucci, già corrispondente Rai da Nairobi.

Alle 17 Eleonora Tundo e Davide Rinaldi (Rai-Raiplay), finalisti nella categoria Radiofonia con The Korean Game, dialogheranno con la giornalista e insegnante Emily Menguzzato sul tema Lo stress è giovane, riferito al Paese più competitivo del mondo, dove spesso chi non regge il ritmo si suicida. 

Orfani a disposizione è il titolo del panel che vedrà in dialogo Alessia Cerantola (Tre Soldi, Rai Radio 3), finalista nella categoria Radiofonia con La bambina n.12, Stefania D’Ignoti, finalista con Davide Maria De Luca e Cecilia Butini (Domani) nella categoria Stampa italiana con Ucraina, la diaspora dei bambini: gli orfani contesi tra Roma e Kiev, e Carla Garlatti, magistrata, già Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Modererà il dibattito il giornalista Andrea Luchetta, inviato della Rai.

L’ultimo appuntamento della seconda giornata, dal titolo Le macerie di Gaza e il collasso del diritto, è in programma alle 19.30 alla presenza di Marco Damilano

Il presidente della giuria del Premio Luchetta coordinerà il dialogo tra Chiara Avesani e Matteo Delbò (Rai 3), Il fattore umano, vincitori nella categoria Reportage con Leaving Gaza, Federica Iezzi (il Manifesto), finalista nella categoria Stampa italiana con Tutto il dolore del mondo tra i bambini feriti di Gaza, Lorenzo Tondo e Malak A Tantesh (The Guardian), vincitori nella categoria Stampa internazionale con One afternoon in Gaza, two family tragedies: the childhoods cut short by Israeli airstrikes, e Tomas Stargardter, editor in chief Epa Images, in rappresentanza di Haitham Imad, vincitore nella categoria fotografia con La guerra in prima persona.

L’ultima giornata, domenica 23, alle 10.45 con Giornali e caffè, appuntamento con la rassegna stampa curata da Marco Damilano

A seguire, Cattiva gioventù o cattiva società?, panel condotto dalla giornalista Gioia Meloni, con Raffaella Calandra (Il Sole 24 ore), vincitrice nella categoria Stampa italiana con Mai così tanti ragazzi in carcere, affollati anche gli istituti per minori, Gaia Mombelli (Sky Tg24), finalista nella categoria Reportage con La cattiva strada, e Valeria Verdolini dell’Associazione Antigone, che si occupa di garantire i diritti nel sistema penale e penitenziario.

Chiuderà la 22ª edizione del Premio Luchetta Un Paese alla deriva: il Myanmar, dialogo tra Daniele Bellocchio (InsideOver e Sky TG 24 Mondo), finalista nella categoria Reportage con Myanmar, la guerra civile dimenticata e nella categoria Tv News con Bombe sulle macerie, e Walter Skerk, giornalista e curatore della rubrica EstOvest Tgr

I vincitori delle rispettive categorie verranno premiati all’inizio dei panel di cui saranno protagonisti.

Le Giornate del Premio Luchetta saranno anticipate da un programma comprendente mostre, commemorazioni di anniversari, incontri con l’autore e spettacoli nell’ambito del festival S/Paesati. Una collaborazione con associazioni, professionisti e artisti per riflettere attorno alle tematiche connaturate al Premio e alla Fondazione. 

Il programma completo è disponibile qui

Lucchetta, Ota, D’angelo, Hrovatin

Mostar, 1994, in una giornata di ordinaria guerra in cui il cessate il fuoco veniva nuovamente violato inchiodando la popolazione civile nei rifugi, persero la vita Marco Luchetta, Alessandro Saša Ota e Dario D’Angelo, troupe Tv della sede Rai di Trieste.

«Non era la prima volta che si avventuravano in guerra – ricorda il Premio –, anzi, per quello che poteva significare nel 1994, erano preparati, attrezzati e consci di dove si muovevano e in che contesti si trovavano. Se la cavavano anche con la lingua. Non era la prima volta neppure a Mostar, già visitata nei mesi precedenti a quel fatale gennaio. Ci erano tornati per testimoniare la tragedia che stava divorando i bambini della Bosnia-Erzegovina, che qualcuno stava proponendo per il Nobel per la pace.

E poi c’era la parte est di Mostar, assediata, bombardata, impossibile entrarci. Ci hanno provato senza successo più e più volte. Ma proprio il 28 gennaio 1994, oramai inaspettatamente, ecco uno spiraglio: ci sarebbero entrati con un convoglio umanitario. Lì sono morti, colpiti da una delle granate di mortaio che in quel momento stavano violando il cessate il fuoco. Come ultima cosa, nel perdere la loro vita, è stato proteggere con i propri corpi la vita di Zlatko, bambino di 4 anni che era corso loro dietro, fuori dal rifugio.

Mogadiscio, 1994, l’esercito italiano si stava ritirando insieme alle forze ONU da una Somalia nuovamente in preda alla violenza dei “signori della guerra” insorti contro la missione di peacekeeping. Miran Hrovatin, operatore triestino, fino ad allora si è fatto le ossa come inviato di guerra coprendo con le sue immagini la guerra in ex Jugoslavia. A Mogadiscio arriva insieme alla inviata Rai Ilaria Alpi, che svolge un’inchiesta di traffici illeciti di armi e rifiuti tra Italia e Somalia. Il 20 marzo 1994 però qualcuno decide di fermarli: un agguato, una sparatoria e Miran e Ilaria, abbandonati dalla scorta, rimangono uccisi. Da allora la magistratura italiana lotta contro depistaggi, omertà e false piste. L’unica cosa sicura è che i due inviati sono stati uccisi di proposito: è stata un’esecuzione».

 

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