CMS, le voci di Israele tra sofferenza e riscatto

Cinque giorni per provare a comprendere Israele, i suoi drammi, le sue…

Cinque giorni per provare a comprendere Israele, i suoi drammi, le sue ragioni: è stato questo il leit motiv del 7° Christian Media Summit, che ha raccolto a Gerusalemme 130 giornalisti e opinion leader di area evangelica provenienti da tutto il mondo, per la prima volta anche dall’Italia.

Non è stata una gita, non è stato un gioco, e non sono stati giorni semplici. Non era facile ascoltare le voci e sostenere gli sguardi dei testimoni, incontrati nel corso di un fitto programma che ha spaziato dalle alture del Golan alla barriera di Gaza. Volti e voci che raccontavano di drammi personali che, in controluce, sono il dramma di un’intera nazione, un dramma che non guarda in faccia a nessuno: rimane impassibile di fronte alla testimonianza di Ditsa, madre di Avinatan, rimasto ostaggio di Hamas per 738 giorni; non si ferma davanti alle lacrime trattenute con dignità da Naila, madre di Alma, una dei dodici bambini drusi devastati nel 2024 da un missile di Hezbollah presso il villaggio di El Rom, nel Golan; non ha riguardo per la rassegnata sofferenza dei genitori di Yotam, ucciso dal fuoco amico nella concitazione del 7 ottobre presso il villaggio di Kfar Aza, nella regione del Negev; non si impietosisce di fronte alla fredda disperazione di Hila, sopravvissuta alle raffiche assassine del Nova Festival correndo per cinque ore senza fermarsi e che ora insegue uno scopo nella vita e chiede, implora, una vita da ventenne normale.

Nessun eccesso – onore al merito – e nessuna sottrazione: il racconto del dolore non ha bisogno di teatralità ma di intensità, e le voci dei testimoni hanno saputo rappresentare con efficacia il baratro della sofferenza con dignità ma senza sconti.

Le loro voci si sono intrecciate con una presenza istituzionale – l’iniziativa, organizzata da IFCJ, è stata promossa dall’ufficio del Primo Ministro e dal ministero degli Esteri – che, nella sua discrezione, ha lasciato (opportunamente, verrebbe da dire) il centro della scena a chi su quella scena si è – suo malgrado – ritrovato. Il risultato è stato un mosaico di storie da guardare una per una per poi rendersi conto, allontanandosi di qualche passo, che il quadro generale rappresenta qualcosa di più, che quelle singole storie, nel loro insieme, sono la storia di un Paese intero.

Un Paese che non pensa di essere l’unico a soffrire ma che nel suo dolore guarda al mondo cristiano in cerca di solidarietà, consapevole di quanto questo concetto sia elemento chiave delle Scritture che, con il mondo cristiano, condivide.

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