Forano. Ricordando il cinquecentenario di Scipione Lentolo, primo storico del “popolo valdese”

Doppia festa per la comunità valdese di Forano (Ri) che ha scelto di festeggiare la Riforma della chiesa, avviata da Lutero il 31 ottobre 1517, con l’anniversario dei 500 anni della nascita del primo storico del popolo valdese, Scipione Lentolo (1525-1599).

Forano. Ricordando il cinquecentenario di Scipione Lentolo, primo storico del “popolo valdese”

19 Novembre 2025

by Angelita Tomaselli

Figura di primo piano nel rapporto tra il protestantesimo e la politica europea

Doppia festa per la comunità valdese di Forano (Ri) che ha scelto di festeggiare la Riforma della chiesa, avviata da Lutero il 31 ottobre 1517, con l’anniversario dei 500 anni della nascita del primo storico del popolo valdese, Scipione Lentolo (1525-1599).

Lentolo è stato al centro di una conversazione guidata da Emanuele Fiume, pastore della chiesa valdese di Forano, al termine di una giornata speciale iniziata con il culto domenicale seguito da un’agape.

Figura di primo piano nel rapporto tra il protestantesimo e la politica europea, Lentolo nacque a Napoli. Dopo essere entrato nel convento dei frati carmelitani nel 1535 e divenuto professo nel 1539, si spostò dalla sua città natale a Siena dapprima e a Ravenna dopo, dove, nel 1545, fu convertito dalla predicazione di Giovanni Buzio da Montalcino. 

Nel 1559 arrivò nelle Valli e iniziò il suo ministero pastorale ad Angrogna, dove, il 26 luglio 1560, prese parte alla disputa pubblica presso il tempio di Chiabazzo (Ciabàs) contro il mantovano Antonio Possevino, novizio della Compagnia del Gesù, sulla teologia della messa cattolica. Lentolo stravinse il confronto.

Nel gennaio 1561 i valdesi stipularono un patto tra i comuni delle Valli in base al quale non solo veniva strenuamente difesa la religione riformata ma veniva vietato di fare accordi separati con il nemico, in seguito al tentativo di Giorgio Costa, signore della Trinità, di portare avanti trattative distinte tra le Valli stesse. Nel testo del patto si legge: «[…] il popolo valdese et di qua et di là dei monti farebbono tra loro perpetua et inviolabile confederatione […]».

È degno di nota che la parola “popolo” inizi a essere utilizzata in un senso biblico-politico dai valdesi stessi; essa è altresì molto cara alla lettura che il pastore napoletano fa della storia valdese.

“Popolo” infatti è presente in uno scritto di Lentolo, Lettera a un Signore di Geneva, inviato a Teodoro di Beza nella primavera del 1561, nel quale egli racconta le vicende delle Valli e giustifica la resistenza armata dei valdesi come richiesta dalla necessità di difendersi. Il concetto di necessità è poi approfondito nell’Histoire Mémorable, pubblicata nel 1561 in lingua francese e in forma anonima ma probabilmente dello stesso Lentolo. Nella lettera a Beza si legge: «Quali cose meravigliose ha fatto il Signore in questi tempi fra un popolo così umile […]». Il testo fu fatto copiare da Beza e inviato ad alcuni sovrani protestanti d’Europa. 

Lentolo è stato il primo ad aver posto l’accento sul fatto che i valdesi si costituiscono come “popolo”, ovvero come soggetto politico che, avendo come base comune la religione, è soprattutto partner di un patto stretto con Dio. È Dio, secondo il pastore napoletano, che ha reso i valdesi “popolo” nella sua opera di salvezza verso di loro e, grazie a tale opera onnipotente, essi si sono uniti in un patto di fedeltà nella loro storia con Dio, che ha come fondamento la storia del popolo d’Israele. 

Lentolo ha lasciato un’impronta importante per lo studio della storia dei valdesi dopo la Riforma e la sua biografia stessa di convertito della Riforma italiana, pastore valdese e infine pastore in Valtellina incarna a grandi linee le caratteristiche della Riforma in Italia.

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