L’anello forte

Immaginatevi un uomo che si aggira per la campagna rurale cuneese degli anni ’70, con a tracolla un magnetofono. Spesso accompagnato da un “facilitatore” del posto, per vincere la diffidenza dei “campagnin”. Quell’uomo è Nuto Revelli, partigiano e scrittore, che ha dedicato una buona fetta della sua vita a raccogliere le testimonianze degli ultimi.…

Dalla ritirata di Russia alle campagne cuneesi, Nuto Revelli ridà voce agli ultimi e alle ultime, rivelando un patrimonio umano attualissimo. Ce ne ricordiamo in occasione del 25 novembre

Immaginatevi un uomo che si aggira per la campagna rurale cuneese degli anni ’70, con a tracolla un magnetofono. Spesso accompagnato da un “facilitatore” del posto, per vincere la diffidenza dei “campagnin”. Quell’uomo è Nuto Revelli, partigiano e scrittore, che ha dedicato una buona fetta della sua vita a raccogliere le testimonianze degli ultimi. Uno dei pochi superstiti della ritirata di Russia, porta alla ribalta, come il “collega” e amico Mario Rigoni Stern (e che con Primo Levi compongono una triade di “autori per necessità”, come si definivano loro, e quella necessità ricade nel dover scrivere affinchè non si dimentichi) la terribile esperienza e poi continua a scavare nelle storie delle migliaia di prigionieri italiani nei vari gulag russi.

Parte da lontano quindi il percorso di Revelli, dalla steppa russa, dalla disillusione verso il fascismo e da uno sconfinato amore per la libertà e la giustizia. «Tutto nasce da due sacchi di lettere destinati al macero dei dispersi e morti in Russia – ci spiega Beatrice Verri, direttrice della Fondazione Nuto Revelli di Cuneo –. Queste lettere erano la “prova” per ottenere la pensione di guerra per le vedove e i parenti e le ultime arrivate sono quasi tutte sono relative al Natale del 1942. Pochi giorni dopo la rotta. Revelli le acquista e dopo averne fatta copia inizia a girare le campagne per restituirle ai famigliari. Tutto il materiale è conservato in Fondazione».

Revelli dopo la prima esperienza di confronto con la memoria e il dolore abbandona questo tipo di “memorialistica”, rendendosi conto che le campagne e le montagne stanno vivendo una profonda trasformazione: lo spopolamento. «Dopo la guerra – continua Verri – aprono le grandi aziende nel Cuneese e le montagne e i territori più poveri si svuotano. Revelli inizia a raccogliere le testimonianze (che confluiranno ne Il mondo dei vinti) perché si accorge che gli ultimi non hanno voce e rischia di andare perso un grande patrimonio culturale, di cultura materiale. Il mondo dei vinti esce nel 1977 ma Revelli non si ferma e all’interno di questi ultimi, ne trova ancori altre più ultimi, le donne.

Nel 1985 esce L’anello forte una raccolta di testimonianze di sole donne. Uno spaccato di incredibile attualità sulla condizione delle donne all’interno della società prima degli anni ’80, con particolare attenzione al periodo della guerra. L’autore si rende presto conto del ruolo centrale della donna in quella società, nonostante il ruolo di subordinata che le è sempre stato assegnato. Emerge il fenomeno dei bacialè, persone che organizzavano i matrimoni fra le donne del sud (in particolare le calabrisotte) e i piemontesi. Emerge la condizione terribile della donna sottoposta a violenze, stupri e maltrattamenti; donna costretta a fatiche inenarrabili anche quando ormai prossima a partorire (e subito dopo). Quello che Revelli scrive è un libro femminista, con un intento politico che ancora oggi è molto attuale. Le voci raccolte (che grazie a un importante lavoro stanno per essere tutte digitalizzate e rese fruibili, presumibilmente nel 2027) parlano di dignità della donna, di emancipazione e di un ruolo di fondamentale importanza nella società».

Per celebrare i 40 anni dalla pubblicazione de L’anello forte il Comune di Cuneo e la Fondazione Revelli hanno organizzato due eventi: una mostra fotografica inaugurata sabato 15 novembre a Cuneo in piazza Virginio con le immagini delle testimoni di Bruno Murialdo, visitabile fino al 3 dicembre e la presentazione del libro Liberi e Ribelli. L’antifascismo come scelta esistenziale, di Antonella Tarpino.

L’attualità di questo libro si ritrova nell’ audioguida che accompagna la mostra. «Cerchiamo sempre di coinvolgere le generazioni più giovani nelle nostre attività di sensibilizzazione, come avrebbe voluto Revelli, e abbiamo quindi chiesto ad alcuni studenti e studentesse di dare una lettura critica delle fotografie, legandole ad alcune citazioni delle testimonianze raccolte nelle pianura e sulle montagne.Un altro aspetto molto interessante che segue da vicino l’idea dell’autore e quella della “Scuola politica per giovani donne”, riservata alle 14-19enni e in cui si vuole far emergere l’attivismo politico e civile».

Siamo sicuri che se le parole raccolte da Revelli si adattano a qualunque contesto rurale italiano, non solo quello della provincia Granda, il Cuneese. «Allargherei ancora di più il campo – aggiunge Verri –: i quadri descritti dalle donne hanno tratti riscontrabili in tutta la penisola ma anche oltre. Le radici della cultura contadina infatti sono comuni: si possono ritrovare alcuni aspetti come l’importanza dell’immaginario del magico, la religiosità popolare, alcune tradizioni, in culture anche lontane dall’Italia». Con la pubblicazione di questo vasto archivio sarà anche più facile in futuro provare a incrociare le varie testimonianze.

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