La Winter School della Riforma 

Si è conclusa la settimana scorsa la terza edizione della «Winter School» dedicata agli studi sulla Riforma protestante. L’iniziativa, sostenuta dall’Otto per mille della Chiesa valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi), ha visto come organizzatori il Centro culturale protestante «Pier Martire Vermigli» e il Centro universitario di Studi sulla storia delle Riforma protestante…

La Winter School della Riforma 

24 Novembre 2025

by Gian Mario Gillio

La Riforma protestante tra storia, politica, arti e società è stata affrontata dalla Terza edizione della winter school di Firenze. La nostra intervista alla professoressa Debora Spini

Si è conclusa la settimana scorsa la terza edizione della «Winter School» dedicata agli studi sulla Riforma protestante. L’iniziativa, sostenuta dall’Otto per mille della Chiesa valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi), ha visto come organizzatori il Centro culturale protestante «Pier Martire Vermigli» e il Centro universitario di Studi sulla storia delle Riforma protestante e dei movimenti religiosi. Ne abbiamo parlato con Debora Spini, presidente del Centro culturale «Vermigli». 

Quattro giornate intense (dal 13 al 16 novembre) hanno favorito dibattiti, confronti grazie alle lezioni, tra le altre, su: la storia della Riforma protestante vista nei suoi rapporti con la storia politica, culturale e sociale, tra Italia ed Europa, nei secoli XVI-XVIII; la Riforma protestante nell’attuale riflessione filosofica, sociologica e politica; la Riforma nei suoi rapporti con letteratura, musica e arti visive.

«Non si è trattato un normale convegno – precisa Spini –, bensì di una vera e propria scuola; una Winter School – che tra l’altro è giunta quest’anno alla sua terza edizione -, nata da un’intuizione del Centro Culturale Protestante della città, il “Vermigli” e realizzata in paritetica collaborazione con l’Università di Firenze grazie all’impegno della nostra vice presidente, la professoressa Lucia Felici e della professoressa Isabella Gagliardi»

Qual è oltre alla Winter School – e ci torneremo –, la missione principale del Centro culturale protestante di Firenze?

«Quella di diffondere la cultura protestante sia all’interno delle nostre chiese, sia all’esterno, proprio per vivere insieme alla nostra città lo spazio pubblico condiviso. Insomma, essere una voce evangelica e protestante attiva in senso ampio: insieme alle espressioni culturali presenti nella città di Firenze, e ponendosi come luogo di incontro, di confronto, di approfondimento. Oltre alla Winter School, vorrei citare il convegno tenutosi il 19 ottobre 2024 sul tema “La povertà da Valdo a Francesco. Itinerari storici, teologici e politici”, realizzato in collaborazione, oltre che con l’Università di Firenze, con l’Opera di Santa Croce, oppure, il seminario su “Lavoro e Vocazione”, realizzato in collaborazione con le Università di Trento e di Firenze. Grazie alla tecnologia, inoltre, possiamo essere presenti anche al di là dei confini strettamente cittadini, coinvolgendo nelle nostre iniziative un pubblico ben più ampio. La nostra missione, quindi, è tener vivo in tutti gli ambiti culturali l’interesse per i temi legati alla Riforma protestante, in tutti i suoi aspetti». 

Terza edizione della Winter school, dunque un’altra avventura…

«Sì, la grande partecipazione con la presenza di borsiste e borsisti – che aumenta ogni anno – ci rallegra e allo stesso tempo ci dice che abbiamo intrapreso la strada giusta. Grazie alla fiducia e al contributo dell’Ottopermillevaldese possiamo inoltre, ogni anno, garantire delle borse di sostegno economico per agevolare la partecipazione a giovani studenti e studentesse che giungono dal livello del master (in poi) sia a dottorandi e post-dottorandi. La loro presenza testimonia il successo dell’iniziativa; vediamo che si sta formando una vera e propria comunità di studi. Le domande crescono di anno in anno, anche per il tenore delle lezioni offerte, sempre di alto livello, e sicuramente perché i giovani studiosi e studiose hanno alla Winter School la possibilità di presentare i propri progetti di ricerca a docenti di alto livello. Stiamo così formando una nuova generazione di studiosi e studiose di temi legati alla Riforma».

Professoressa Spini, il 25 novembre è stata istituita la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Come sappiamo la questione di genere per lei è dirimente…

«Infatti, anche quest’anno come per l’anno passato abbiamo voluto dedicare uno spazio specifico alla questione di genere, in particolar modo per rispondere a una domanda specifica, ossia, come la cultura protestante possa testimoniare oggi la sua specificità su temi quali: l’uguaglianza di genere, il rispetto delle donne, l’educazione sentimentale, la differenza, la dignità. Per fare che qualche esempio, il professor Thomas Casadei, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ha ricordato una figura importante, quella di Sojourner Truth, ex schiava, abolizionista, femminista, che già alla fine dell’Ottocento aveva affrontato e divulgato temi che ancora oggi sono al centro dei dibattiti odierni e paradigma di intersezionalità».

L’anno scorso, in occasione della seconda edizione della scuola, lei sosteneva: «Non si può affermare che il protestantesimo storico non sia stato in prima linea nel facilitare il protagonismo delle donne».

«Mi riferivo a una controversia storiografica ancora attiva. Una corrente storiografica che raccoglie storiche e storici spesso di ispirazione cattolica, ritiene che la Riforma abolendo i conventi, abbia relegato le donne nella dimensione familiare, non favorendone così il protagonismo.  Evidentemente la Winter School non ha condiviso questa visione. Mi piace qui riprendere una citazione dall’intervento del professor Paolo Costa, della Fondazione Kessler di Trento: “La Riforma seppe inaugurare un modo diverso di stare nel mondo”. Ritengo che “questo modo diverso di stare nel mondo” abbia avuto conseguenze importanti per la soggettività delle donne, nel periodo contemporaneo e successivo alla Riforma».

Lutero, Calvino, sono stati ovviamente tra i protagonisti delle lezioni; tuttavia, al centro della Winter School c’è sempre il ruolo del protestantesimo come fenomeno culturale, sociale, e che quest’anno avete voluto accostare all’emergere dell’individualismo moderno. Qual è il nesso? 

«Il nesso è fortissimo, come ci ha mostrato la relazione del professor Dimitri d’Andrea. Tuttavia, non ci siamo soffermati su quello che potremmo definire individualismo “egoista”, abbiamo invece posto l’accento sull’individualismo “responsabile”. In un tempo segnato da un ritorno all’autoritarismo e dal riemergere del populismo religioso di destra è importante parlare del protestantesimo, com’è altrettanto importante ricordare che l’individualismo responsabile premia il valore dell’individualità, ossia della libertà personale.  I protestanti storici sono permeati ancora oggi di quello spirito critico, sano, nato proprio dalla Riforma e che ha generato quell’individualismo responsabile. Un contributo fondamentale è stato l’aver fatto riemergere una dimensione responsabile e sociale necessaria – più che mai oggi – della coscienza individuale. Lutero diceva: “La mia coscienza è prigioniera della parola di Dio”. E proprio perché prigioniera della parola di Dio, appunto, la coscienza di Lutero non era schiava di alcun progetto esclusivamente umano. Questa consapevolezza è stata per lui e per chi è venuto dopo generatrice di quel modo diverso di stare nel mondo, di vedere il mondo, di saper giudicare, valutare e criticare».

Questa diversa modalità ha avuto un impulso e un impatto anche sulla soggettività femminile?

«La dimensione della fede, e non a caso della fede protestante, ha dato un impulso fondamentale allo sviluppo del femminismo occidentale. Dalla Riforma in poi è nato un nuovo spazio per vivere l’interiorità, un luogo nel quale si è finalmente potuta valutare e vedere con occhi diversi la realtà del mondo circostante. Si è generata così una capacità critica nuova per delineare scelte, certamente, anche dentro all’universo femminile».

L’alfabetizzazione grazie al testo biblico è stata anch’essa un viatico di consapevolezza e di progresso?

«Direi piuttosto che sia tata la Riforma a generare l’idea di un rapporto individuale possibile, intimo del credente o della credente con il Testo biblico, valorizzando così quella dimensione di coscienza individuale, più che l’alfabetizzazione grazie alla lettura del Testo». 

Riforma, dunque, come sinonimo di modernità?

«I protestanti italiani ed europei possono oggi portare nell’agorà civile un’idea diversa di post-secolare. Marina Calloni, dell’Università di Milano-Bicocca, ci ha regalato una bellissima relazione su Jürgen Habermas, con i suoi novantanove anni, e ha citato la sua ultima opera, ancora in corso di pubblicazione “Auch eine geschichte der philosophie”, tradotta in italiano con il titolo “Una storia della filosofia”  da Feltrinelli, per ricordarci che nel secondo volume, Habermas è entrato ne “La costellazione occidentale di fede e sapere” (sottotitolo del libro, ndr), dedicando una parte rilevante del poderoso testo proprio a Lutero. E ancora che, Charles Taylor, filoso canadese – che con i suoi novant’anni è insieme a Habermas – fra i più grandi filosofi occidentali – non ha mai smesso di scandagliare nei suoi testi il portato della Riforma. La Riforma protestante, nel bene e nel male, ha sempre avuto un ruolo centrale anche per la riflessione filosofica». 

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