Giovani. «Introdurre dosi massicce di futuro»

Roma (NEV/Riforma), 24 novembre 2025 –  di Sara E. Tourn e Claudio Geymonat Una giornata intensa di approfondimento, con circa settanta persone collegate da tutta Italia, oltre a quelle presenti nell’Auditorium Innovation Center di Firenze per il seminario organizzato lo scorso giovedì 20 novembre dalla Diaconia valdese – Servizi Educativi, «Ultracorpi. Le trasformazioni del corpo in adolescenza». Come […]

Una giornata intensa di approfondimento, con circa settanta persone collegate da tutta Italia, oltre a quelle presenti nell’Auditorium Innovation Center di Firenze per il seminario organizzato lo scorso giovedì 20 novembre dalla Diaconia valdese – Servizi Educativi«Ultracorpi. Le trasformazioni del corpo in adolescenza».

Come ha ricordato il presidente della Commissione Sinodale per la Diaconia, Daniele Massa, in apertura, si tratta di una tappa di un lungo percorso che vede la Diaconia valdese impegnata sui temi dell’educazione nel contesto della società attuale, fra social media, realtà digitale, crisi della genitorialità. (Venerdì 19 dicembre 2025 si terrà sempre a Firenze il convegno Per una genitorialità consapevole presso la sala conferenze dell’Infopoint, in piazza Stazione, 4/A per continuare a ragionare su questi temi; nei prossimi giorni vi forniremo programma e tutte le info) .

Alcuni concetti chiave che sono ritornati nei numerosi interventi, di grande spessore e competenza, molto coinvolgenti anche per un pubblico non specialistico: dualismo e unità, percezione e sguardo degli altri, performance, relazioni, angoscia.

Il tema del dualismo tra corpo e mente/anima è stato richiamato più volte, a partire dall’intervento iniziale della pastora, teologa e bioeticista Ilenya Goss, che ha parlato di un «corpo abitato, né idolo né prigione», ripercorrendo alcuni passaggi della storia della filosofia e del cristianesimo, ma anche della medicina, nella cultura occidentale. Diversamente dalle passate generazioni, ha osservato Goss, oggi il corpo viene costruito, anche in termini di immagine, e sottoposto quasi costantemente agli sguardi degli altri. A questi concetti si collega quello della percezione di sé, che in misura sempre maggiore, amplificata dai social, è condizionata dallo sguardo degli altri.

I rischi di una scissione fra corpo e “spirito” (nell’accezione più ampia) sono evidenti, noi non “abbiamo” un corpo, ma “siamo” un corpo, ha osservato Goss: un’etica della cura deve uscire da queste dinamiche, superare questa concezione dualistica: «Il condizionamento culturale nella percezione del corpo richiede attenzione da parte delle agenzie educative, a partire dalle chiese».

Il nostro modo di percepire il corpo oggi è frutto di questa storia, e della reiterazione di modelli che finiscono per creare una norma, una media, un concetto di “bello”, che dà origine a una serie di pretese e aspettative vincolanti. Se il corpo non corrisponde a questi canoni, provoca giudizi e atti di rifiuto (di sé o di altri). Diventa nemico, non più veicolo della propria identità.

La società di oggi, dice Goss, non è quella che i sociologi si aspettavano qualche decennio fa, anche in termini religiosi. La globalizzazione e l’intreccio con le culture hanno portato alla convivenza di messaggi non coerenti: pensiamo alle “seconde generazioni” che vivono a cavallo tra culture e canoni spesso inconciliabili.

Noi siamo essenzialmente relazione, a partire da quella tra mente e corpo, tra noi e gli altri, tra noi e Dio, questo va recuperato e rimesso al centro: è fondamentale per costruire nuove piste educative, ha detto Goss. Il problema, come poi emerso da diversi interventi, è che oggi buona parte delle relazioni si gioca in termini narcisistici e in un contesto di iper-performatività. 

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