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COP30. Il commento di Teresa Isenburg dal Brasile

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Nevit
26 Nov 2025 • 73 Görüntüler

Roma (NEV), 26 novembre 2025 – La Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha chiesto a Teresa Isenburg, che si trova in Brasile, di commentare la 30ª Conferenza delle Parti nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP30). Il testo qui di seguito va ad […]

COP30. Il commento di Teresa Isenburg dal Brasile

Roma (NEV), 26 novembre 2025 – La Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha chiesto a Teresa Isenburg, che si trova in Brasile, di commentare la 30ª Conferenza delle Parti nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP30). Il testo qui di seguito va ad aggiungersi ai materiali sulla COP pubblicati ieri insieme al commento di Antonella Visintin Rotigni.


Conferenza delle Parti sul clima: “un flusso di lasciti che giungono dalle precedenti COP e passeranno alle prossime”

La COP30 tenutasi in Brasile, a Belém, fra il 10 e il 21 novembre 2025 ha chiuso le porte. Essa si è svolta in un momento internazionale in cui l’attenzione è volta ai troppi teatri di guerra (Ucraina e Gaza in primis), a tacere della tensione militare nei Caraibi per la presenza di portaerei statunitensi. A questo si aggiunge l’assenza federale e negazionista degli Usa, solo parzialmente compensata da esponenti delle amministrazioni statali e locali. Alcuni problemi logistici (acqua sanitaria, caldo umido, un incendio) non hanno semplificato la situazione. Quindi non si può non considerare positiva la realizzazione della COP30 con circa 56.000 partecipanti di 194 paesi iscritti e un dibattito vivace, a volte fra posizioni inconciliabili. Inoltre non va dimenticato il numero 30 che contraddistingue questo incontro: sono trent’anni, dal 1995, che, anno dopo anno, riunioni multilaterali esplorano strade per rallentare il cambiamento climatico di origine antropica. È un cammino in divenire in cui passi avanti e passi indietro, punti acquisiti e obiettivi abbandonati si intrecciano (vale la pena di scorrere la buona scheda di wikipedia sulle COP). È quindi inutile esprimere valutazioni schematiche, successo/insuccesso, dal momento che vi è un flusso di lasciti che giungono dalle precedenti COP e passeranno alle prossime.

In COP30 durante la prima settimana, nell’area blu, si sono incontrati i rappresentanti nazionali e internazionali della società civile (ong, associazioni, gruppi, sodalizi, comunità ecc.) con molte iniziative, parecchie dedicate ai popoli ancestrali. I documenti prodotti sono stati consegnati al presidente della COP, ambasciatore André Correa do Lago, per integrare il testo finale ed entrare nella documentazione acquisita. La seconda settimana si è svolta nell’area verde, fra le delegazioni istituzionali e quelle private del mondo economico, della tecnica e della scienza per un lavoro di mediazione politica resa particolarmente complessa dal vincolo, imposto dalla Convenzione quadro per il cambiamento del clima, di arrivare a documenti finali e decisioni condivise. L’indirizzo complessivo della COP era di promuovere l’implementazione di quanto stabilito negli anni precedenti e in particolare nell’Accordo di Parigi in modo da renderlo ulteriormente operativo e coordinato con scadenze e modalità di valutazioni quantitative. Difficile, ovviamente.

Impossibile dare conto dei molti campi e gruppi di lavoro che hanno operato. Mi limito a indicare alcuni punti: il contributo richiesto ai paesi ricchi è passato da 300 miliardi $ anno a 1300 e l’aspetto finanziario è certamente stato quello più trattato. Personalmente mi è sembrato molto importante l’inserimento specifico della questione salute, sia sotto l’aspetto dell’adattamento che del coordinamento rispetto a malattie che “migrano” in conseguenza del cambiamento climatico e quindi chiedono azioni preventive mirate. Positiva anche l’attivazione del TFFF/Fondo Tropicale delle foreste per sempre che prevede azioni non solo in Amazzonia, ma anche nelle altre foreste tropicali ancora relativamente intatte in Indonesia e nella Repubblica Democratica del Congo. Sia nella stampa che durante le trattative, grande tensione ha suscitato il fatto che nei testi via via messi a punto non fosse indicato in modo esplicito – e con una road map temporale, quantitativa e verificabile – il progressivo allontanamento dai combustibili fossili. Alcuni paesi, soprattutto europei, si rifiutavano di votare a favore in assenza di tale riferimento, altri in presenza dello stesso, mentre divergenze concernono su chi debba ricadere il costo di tale allontanamento. Alla fine il documento è stato approvato in modo consensuale senza questo richiamo. Peraltro, la questione non era prevista in agenda e si presume quindi che non era stata trattata negli incontri preliminari svoltisi durante tutto il 2025. Dal momento che la presidenza brasiliana continuerà ancora fino al novembre 2026, in parallelo e collaborazione con la Turchia dove si terrà la COP31 e con l’Australia, dove si svolgeranno gli incontri preparatori, il presidente ambasciatore Correa do Lago ha preso l’iniziativa di organizzare due gruppi di lavoro per mettere a punto una previsione fattibile e documentata per l’uscita dal fossile e un’altra per la fine della deforestazione, da presentare ad aprile alla Conferenza internazionale sul clima in Colombia. Per conoscere l’imponente meccanismo della COP30 e il ruolo dell’Italia si può consultare il sito del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, collegato anche al sito ufficiale brasiliano.

per la GLAM
Teresa Isenburg

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#Giustizia Pace Ambiente #Brasile #clima #Commissione Globalizzazione e Ambiente #COP30 #Teresa Isenburg

Nevit

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