La Buona novella. Un “no” è un “no”

Ogni tanto la politica ci regala degli spiragli di ottimismo, che ci portano al di là degli schieramenti prefissati e anche al di là delle secche rituali fatte di rinvii, esitazioni, aggiornamenti in commissioni. Tanto più su materie delicate ed eticamente sensibili, sulle quali a volte il Paese viaggia ad altre velocità.

La Buona novella. Un “no” è un “no”

28 Novembre 2025

by Alberto Corsani

La rubrica della redazione dedicata alle buone notizie

Ogni tanto la politica ci regala degli spiragli di ottimismo, che ci portano al di là degli schieramenti prefissati e anche al di là delle secche rituali fatte di rinvii, esitazioni, aggiornamenti in commissioni. Tanto più su materie delicate ed eticamente sensibili, sulle quali a volte il Paese viaggia ad altre velocità.

È il caso dell’approvazione, da parte della Camera (ma purtroppo il Senato ha rinviato la discussione), della proposta di legge che modifica l’art. 609bis del Codice penale, in materia di violenza sessuale. Con questo provvedimento si stabilisce che «Chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali ad un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni».

Insomma, un “no” è un “no”.

Il consenso su questa modifica è stato raggiunto con un emendamento che era stato approvato all’unanimità dalla Comm.ne Giustizia della Camera stessa, emendamento firmato da Carolina Varchi (Fratelli d’Italia) e Michela Di Biase (Pd). La convergenza bipartisan su determinati provvedimenti avviene ogni tanto, ma questo caso è particolarmente importante per la delicatezza del tema e perché si è visto che il Parlamento è in grado di recepire una sensibilità che da tempo era sostenuta da movimenti, mondo culturale, associazioni in difesa delle donne vessate. Un po’ di aria del “paese reale” è entrata nelle Aule della politica.

Rattristano, invece, le dichiarazioni di un ministro e di una ministra sull’educazione sessuale nelle scuole (che non sarebbe in grado di ridurre i casi di violenza) e sull’immutabilità del codice genetico dell’uomo. Parlo di tristezza, perché queste prese di posizione sembrano evidenziare un fatalismo che accetta come ineluttabili comportamenti sui quali invece si può e si deve intervenire in sede politica come in sede culturale, nell’educazione.

Tra esecutivo e Parlamento siamo lieti che la buona notizia venga dal Parlamento (uno solo dei suoi rami, per ora): siamo pur sempre una Repubblica parlamentare.

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