Uniti dalle parole di Gesù: l’eredità ecumenica di Paolo Ricca

Roma (NEV), 9 dicembre 2025 – Il nome di Paolo Ricca a molte persone ricorda sì il noto teologo, ma anche quello di una persona che ha saputo mettersi in ascolto, far dialogare identità e differenze, scegliere con cura le parole per attraversare i mondi e le stagioni della chiesa e della società. Le parole di […]

Roma (NEV), 9 dicembre 2025 – Il nome di Paolo Ricca a molte persone ricorda sì il noto teologo, ma anche quello di una persona che ha saputo mettersi in ascolto, far dialogare identità e differenze, scegliere con cura le parole per attraversare i mondi e le stagioni della chiesa e della società.

Le parole di Paolo Ricca sulla Parola, cioè sulla Bibbia, sulla fede, sulla riconciliazione, sull’unità del cristianesimo e su un ecumenismo che si allarga anche ad altre religioni e filosofie, sono risuonate alla presentazione del suo ultimo volume, “Uniti dalle parole di Gesù” (Edizioni Magister). L’appuntamento era nella Nuvola di Fuksas, la cornice quella della Fiera della piccola e media editoria, Più Libri Più Liberi, a Roma. Un atto di riconoscenza alla sua figura, ma soprattutto alle sue intuizioni, che restano oggi una via per pensare l’unità senza temere la pluralità, anzi, al contrario, proprio in virtù di essa.

Uno dei fili rossi del libro – e della vita di Ricca – è stato richiamato subito: la capacità di un annuncio evangelico che “ha fatto sì che fosse cercato e ascoltato anche dai cattolici”, come ricordato da Valdo Spini, che ha ripreso inoltre quanto disse il cardinale Matteo Zuppi evocando la sua gratitudine verso Valdo Vinay e l’eredità dei rapporti cresciuti tra cattolici e protestanti: “Eravamo sull’orlo del precipizio, non potevamo fare altro che incontrarci”. Ricca ha intensificato questi rapporti, “contribuendo a un clima diverso anche dentro contesti laici e culturali, specie dopo la visita alla Chiesa valdese di papa Francesco a Torino”.

La ricchezza che nasce dall’altro

La moderatora della Tavola valdese, Alessandra Trotta, ha voluto mettere al centro del suo intervento la forza profondamente contemporanea del libro. “Dice cose importanti per oggi, fa bene ai credenti e ai non credenti”, ha affermato. Ricca parlava a entrambi, perché il suo era un pensiero che non chiudeva ma apriva: “Non era una rivendicazione identitaria, ma una relazione: scopri te stesso grazie all’altro”.

Trotta ha ricordato anche l’esperienza storica di un protestantesimo minoritario che non ha mai ceduto alla tentazione del ghetto: “Se non siamo scomparsi come altre minoranze è perché abbiamo ritenuto essenziale impegnarci per la libertà dell’altro, includendo e non escludendo”.

Da qui nasce la vocazione ecumenica, che Ricca non ha mai considerato un accessorio:

“Non possiamo essere cristiani senza essere ecumenici. Un cristiano settario non è un cristiano”. E, con un respiro più ampio, l’orizzonte che smonta recinti e confini: “L’ecumenismo è libero: è il diritto di andare oltre il proprio recinto. Dio è più grande della propria chiesa, nessuna chiesa può contenerlo”.

L’unità, inoltre, non è omogeneità: è pluralità ascoltata, praticata, vissuta. “È un’esperienza esistenziale – ha aggiunto – fatta di tempo passato insieme, come i bambini che credono che tutto sia possibile”. È un invito a lasciarsi sorprendere dalla possibilità dell’“impossibile di Dio”, capace di vincere il possibile umano. E la riconciliazione, anche quella “con i nemici”, resta un compito che “possiamo assumere da presupposti diversi, anche per chi non parte da una premessa di fede”.

Tra la Parola, l’ascolto e la gioia

Il saggista e documentarista Francesco Lizzani ha intrecciato memoria personale e lettura spirituale. Ha raccontato un flashback giovanile: l’ingresso inatteso in un bar di Torre Pellice, in Piemonte, dove veniva trasmessa la visita del presidente Cossiga nelle valli valdesi. “Sul pulpito apparve un predicatore di cui non capivo tutto, ma rimasi ipnotizzato. Qui cala un sipario, lasciai quel bar pensando alle persone comuni che a bocca aperta lo avevano ascoltato. Quattro mesi dopo, a Roma, per tutti altri motivi, suonai a una porta e mi aprì proprio quel predicatore, era Paolo Ricca. Da allora, un lungo apprendistato e una frequenza quotidiana per molti anni” (Ricca è poi diventato il suocero, ndr).

Lizzani ha raccolto tre parole che attraversano il libro, a partire dall’introduzione di Andrea Riccardi:

Parola, ascolto, gioia. Ricca era “un formidabile ascoltatore: prima del suo parlare c’era sempre un chiedere”.  Era in grado di creare “uno spazio, il campo, la forza di gravità della parola altrui”. E nel suo annuncio c’era una gioia contagiosa, “una ilarità quasi francescana, la sensualità della vita, la percezione che il passaggio del tempo ci fa essere già eterni”. E ancora: “Era biblico-centrico”, ha spiegato: non per scolastica fedeltà, ma perché “non c’era nulla da aggiungere alla Parola vivente”. Sapeva parlare agli ultimi, trovando “in ogni frammento della Scrittura un sermone”, perché “nel principio era la Parola”, il Logos, come altri temi, ad esempio l’episodio della samaritana. Temi “che si intrecciano con la nostra contemporaneità. Uno che stava molto a cuore a Paolo è l’elemento dell’attesa, un monito dell’avvento, una parola indirizzata a un cristianesimo che nella secolarizzazione si è sempre più spostato su un fronte più vasto. La cifra originaria del cristianesimo è anche presenza del regno, non come evento collocato alla fine di un percorso temporale lineare, ma come ingresso in una dimensione”.

Un pastore ovunque, un fratello per molti

Il curatore del volume, Paolo Sassi, ha ricordato la geografia umana e spirituale di Ricca: “Per Paolo non c’era nessuno che non meritasse una parola”. Lo si poteva incontrare “in una piccola parrocchia con poche anziane, in una chiesa battista, in una comunità spontanea, nella Basilica di San Pietro (dove fu il primo valdese a parlare), in una chiesa pentecostale, alla radio”. Il libro raccoglie 23 predicazioni che Ricca portò a Sant’Egidio, comunità che fin dall’inizio, era il 1968, voleva tenere insieme la dimensione della fraternità con i poveri a quella dell’ascolto della parola. Una dimensione che, ha detto Sassi, “unisce le tre P, preghiera, poveri e pace (triade proposta da papa Francesco)”, in un “ecumenismo dell’amicizia”, come lo ha definito Riccardi.

Foto NEV/er
Ricca sapeva sorprendere anche nelle pagine più note:

dalla samaritana al bambino disarmato che “vi condurrà”, fino alla “filantropia di Dio”, ogni volta offriva “un’inedita rilettura del testo biblico”. Inoltre, “c’è l’esperienza della preghiera serale a Santa Maria in Trastevere, nel contesto di un servizio ai più fragili, nel solco di una amicizia fra diverse provenienze cristiane. Ricca aveva una “sapienza carica di anni” e la capacità di usare parole “che toccano cuori di uomini e donne e cambia la storia, che scuotono. La prima volta lo ascoltai in una chiesa luterana, per me fu emozionante, ricordo la voce, lo sguardo, le mani. Tutto il corpo era dedicato e consapevole, con la fragilità e la forza di un annuncio che lui condivideva e sviscerava. È stato un fratello prezioso.

Come dice Lutero, il più grande ministero senza il quale nessun altro sussiste, è la predicazione.

In queste predicazioni c’è la sua esperienza, e tracce di quanto con sant’Egidio abbiamo fatto insieme nel dialogo fra le religioni, contro la pena di morte, per la difesa della dignità degli anziani, per il dialogo intergenerazionale. Paolo Ricca non era mai superficiale, ed era a casa sua in tutte le chiese. Con parole sorprendenti e spiazzanti, riusciva a stupire anche nelle pagine più note. L’ecumenismo di Gesù, le relazioni fra uomini e donne, il bambino disarmato, la speranza folle di Gesù che non è stratega capace di vincere guerre, ma vince quelle perdute, capace di riconciliare”.

Il libro è anche una vera e propria testimonianza di unità: predicazioni di un valdese, in un contesto cattolico, pubblicato da un editore pentecostale.

Per dirla con le parole dello stesso Ricca nell’introduzione: “Questo mi piace molto e spero piaccia anche a voi. È un modo di esprimere questo fatto, che Dio è più grande delle chiese”, un segno di una energia ecumenica, che continua a essere feconda.

Alla presentazione era presente la famiglia di Paolo Ricca, in particolare la moglie Stella, il figlio Alberto e la figlia Laura Ricca, che è intervenuta ringraziando e invitando a continuare insieme questo cammino, “in sinergia per ricordare mio padre e i suoi insegnamenti”.

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