Memoria affettiva di un’identità complessa

Si legge tutto d’un fiato il nuovo libro di Gustavo Zagrebelsky: non un’autobiografia ma un memoir, quasi un romanzo che fluisce in una narrazione riflessiva e meditata, dove talvolta c’è costruzione immaginaria o verosimiglianza per legare i fatti che però sono tutti veri. È la ri-costruzione di un mondo sconosciuto, quello dei genitori, due…

Memoria affettiva di un’identità complessa

11 Dicembre 2025

by Paola Schellenbaum

L’ultimo libro di Gustavo Zagrebelsky ripercorre l’origine dei rami della sua famiglia

Si legge tutto d’un fiato il nuovo libro di Gustavo Zagrebelsky: non un’autobiografia ma un memoir, quasi un romanzo che fluisce in una narrazione riflessiva e meditata, dove talvolta c’è costruzione immaginaria o verosimiglianza per legare i fatti che però sono tutti veri. È la ri-costruzione di un mondo sconosciuto, quello dei genitori, due mondi diversi. Due minoranze, quella della madre valdese e quella del padre émigré russo. Due case, la cascina di Riva che è il luogo dell’anima con un viale di olmi che non c’è più (la casa in sol maggiore) e la casa acquistata a Buriasco per volere del padre, che assomiglia a una dacia russa (la casa in sol minore) sono le prime scene raccontate, a testimoniare che i luoghi sono evocativi delle atmosfere, dei profumi e delle parole dell’infanzia.

Se fosse un film, il libro inizierebbe con una scena sulla Promenade des Anglais, a Nizza, dove la famiglia Zagrebelsky è in viaggio di piacere per raggiungere la casa della bisnonna di Gustavo. È il 1914: la nonna di Gustavo e i suoi figli – Jean (papà di Gustavo) ha 5 anni – sono a Nizza mentre il nonno è rimasto in Russia, ufficiale nell’esercito. Allo scoppio della guerra si chiudono le frontiere e inizia un tempo di sospensione e di attesa, inizialmente convinti che si tratti di un periodo breve. Poi comincia la vita da émigré, con il trasferimento a Sanremo e il relativo impoverimento, che l’autore ricostruisce in parte in base a ricordi, documenti o testimonianze e in parte attraverso la letteratura. Non è nemmeno un mondo di esuli, perché chi si dichiara émigré spera sempre di tornare.

La famiglia di Gustavo ha origini ucraine per parte di padre mentre il ramo materno è nobiliare e discende dalla vecchia Russia. Jean si porterà appresso per tutta la vita un’immagine congelata della Russia, ritenendo che i bolscevichi siano degli usurpatori, facendo fare ai figli in Italia degli “esercizi della memoria”, cioè facendo loro sperimentare frammenti di vita alla scoperta delle radici, a esempio partecipando alla “Settimana sovietica” o al “circolo di Mosca”.

La mamma di Gustavo è valdese – Nonnalisìn per le nipoti – e il nonno Gustavo Vinçon, a lungo sindaco di San Germano (dove l’autore nasce nel 1943) , ricopre incarichi di responsabilità alla RIV di Villar Perosa in stretto contatto con il sen. Agnelli. Gustavo Vinçon verrà sepolto nel cimitero di San Germano in una tomba in cui è scritta anche la sua professione di ingegnere. Il carattere valdese è resistente, ma a differenziare i due mondi è soprattutto il concetto di uguaglianza che per i valdesi è una conquista civile nel 1848 mentre per i russi è una maledizione. Come possono andare insieme questi due mondi? Jean e Lisìn fondono i due mondi nella loro lunga vita matrimoniale e i tre figli maschi si sentono sicuri e protetti accanto alla madre sempre pronta a stemperare il disaccordo o le intemperanze del padre, tormentato dai giorni neri attraversati.

Il libro non è solo una storia personale ma è anche una storia morale con un valore più ampio in quanto “memoria di casa” è l’esito di un sofferto “fare memoria”, a partire da frammenti e ricordi. Il percorso di immersione memoriale, partecipando e rivivendo quella vicenda, vuole fare i conti con il passato, mettendosi in confronto anche con le cose difficili, da protagonista. 

Il tentativo, pienamente riuscito, di ricostruire la psiche dei genitori consente di fare i conti con queste due matrici, con la storia familiare attraverso un certo coinvolgimento personale nelle tensioni familiari, ammettendo di non aver compreso appieno il dramma del padre émigré

La lezione è che a una certa età bisogna fare un esercizio di ricostruzione della memoria ma depurando la coscienza. E si arriva così ad amare il proprio passato. D’altra parte, Lisìn aveva scelto per il suo funerale il versetto di Giovanni 13 «Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri». Ma c’è un’altra lezione: l’incontro-scontro tra due mondi non porta necessariamente al conflitto tra Russia e Occidente, ma alla convivenza delle differenze. Non è poco.

* G. Zagrebelsky, Memoria di casa. Torino, Einaudi, 2025, pp. 256, euro 21,00.

Il libro verrà presentato in dialogo con Michele Vellano, avvocato, professore universitario ed esperto in materia di Diritto internazionale e Diritto dell’Unione europea, sabato 13 dicembre alle ore 18 alla libreria Claudiana di Torino.

Ingresso libero.

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